
Legge privacy e dati giudiziari nell’ambito del rapporto di lavoro
28 Febbraio 2022
La recente decisione dell’Autorità Garante iberica di condanna per l’illegittima richiesta del casellario giudiziale ai candidati di Amazon Road Transport Spain ci permette di riflettere sul trattamento di dati giudiziari nell’ambito del rapporto lavorativo. L’Italia quale disciplina prevede?
L’Italia, quale membro dell’Unione Europea, si è adeguata al GDPR – Regolamento Europeo 2016/679 in forza del quale il trattamento di dati relativi a condanne e reati è consentito solamente in presenza di idonea base giuridica (art. 6 del GDPR) e previa autorizzazione del diritto dell’Unione o degli Stati membri (art. 10 del GDPR).
In forza del dettato europeo poc’anzi citato, l’art. 2 octies del novellato Codice Privacy dispone che i trattamenti di dati giudiziari sono consentiti solamente se autorizzati da:
- disposizioni legislative;
- disposizioni regolamentari;
- decreto del Ministro della Giustizia, sentito il parere del Garante Privacy.
Prosegue l’art. 2 octies affermando che il trattamento di dati relativi a condanne e reati in ambito lavorativo è ammesso per “l’adempimento di obblighi e l’esercizio di diritti da parte del titolare o dell’interessato in materia di diritto del lavoro o comunque nell’ambito dei rapporti di lavoro”.
Non dimentichiamo poi l’art. 88 del GDPR che allarga le fonti normative anche ai contratti collettivi e specifica che il trattamento in ambito lavorativo possa avvenire “per finalità di assunzione, esecuzione del contratto di lavoro, compreso l’adempimento degli obblighi stabiliti dalla legge o da contratti collettivi, di gestione, pianificazione e organizzazione del lavoro, parità e diversità sul posto di lavoro, salute e sicurezza sul lavoro, protezione della proprietà del datore di lavoro o del cliente e ai fini dell’esercizio e del godimento, individuale o collettivo, dei diritti e dei vantaggi connessi al lavoro, nonché per finalità di cessazione del rapporto di lavoro”
Da ultimo, sul tema segnaliamo il recente parere del Consiglio di Stato (parere del 15 febbraio 2022 n. 355) sullo schema di decreto del Ministro della Giustizia di concerto con il Ministro dell’interno. Purtroppo, nostro malgrado, il Consiglio ha ravvisato molteplici nodi irrisolti quindi ha spedito al mittente il decreto per un futuro riesame.