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La trasformazione digitale delle imprese ha imposto riconsiderazioni strutturali che garantiscano spazio a nuove tecnologie produttive che migliorino le condizioni di lavoro, aumentino la produttività degli impianti e creino nuovi modelli di business. Proprio questo è l’obiettivo di tutte le aziende che hanno deciso di adottare software di intelligenza artificiale che, attraverso le webcam dei candidati, registrano vere e proprie interviste condotte, direttamente, dai programmi stessi. Attraverso l’analisi della mimica facciale, del tono della voce, del lessico, delle inflessioni utilizzate, gli algoritmi di machine learning (c.d. apprendimento automatico), automatizzano completamente il processo di selezione, valutando i candidati meritevoli di assunzione e quelli, invece, da scartare. Sono sempre di più le aziende che utilizzano questi software, con l’unico scopo di ridurre drasticamente costi e tempistiche di selezione del personale. Tutto questo, però, comporta gravi criticità in termini di legge privacy per i candidati che, non solo non vengono informati del fatto di essere analizzati attraverso un software del tutto automatizzato; ma non vengono neppure informati, compiutamente, del trattamento dei loro dati. A ciò si aggiunga che spesso, tali dati, vengono incrociati con big data che gli algoritmi di intelligenza artificiale sfruttano per tenere traccia dell’evoluzione professionale dei candidati.

Il vuoto normativo in materia è evidente e la Commissione Europea, nel 2021, ha presentato al Parlamento Europeo una proposta di regolamentazione sull’Intelligenza Artificiale che è, quindi, in discussione. Tale argomento rientra tra quelli sottoposti al vaglio delle ispezioni da parte del Garante Privacy sia nel primo che nel secondo semestre del 2022.

Non ci resta che attendere novità in merito.

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