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La governance di Amazon fomenta l’ennesimo dibattito sul monitoraggio dei lavoratori e sul trattamento a cui sono sottoposti i lavoratori. Il caso riguarderebbe una dipendente che secondo la multinazionale avrebbe impiegato troppo tempo per la pausa “bagno”.

Il casus belli vede coinvolta una dipendente Amazon, del maxi-hub di Torrazza Piemontese, che si è allontanata dalla postazione di lavoro per dirigersi in bagno e colloquiare, per pochi minuti con una collega.

L’Ispettorato del Lavoro ha annullato la sanzione comminata alla lavoratrice e, dal canto suo, Amazon ha precisato che “non monitora le pause né tantomeno cronometra i propri dipendenti”.

È inevitabile che il dubbio possa sorgere. Sul punto ricordiamo (sinteticamente) l’articolo 4 dello Statuto dei lavoratori, come modificato dal Jobs Act del 2015, rubricato “Impianti audiovisivi e altri strumenti di controllo” che indica i presupposti per rendere lecita l’attività di controllo sul lavoratore:

  • Accordo sindacale o, in subordine, l’autorizzazione dell’ispettorato del Lavoro
  • Divieto di controllo sugli strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa e per registrare gli accessi e le presenze
  • Adeguata informazione al lavoratore circa le modalità d’uso degli strumenti utilizzati per l’effettuazione dei controlli

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