
Posta elettronica: analisi sentenza Corte di Cassazione
3 Luglio 2023
La sentenza 18168/2023 della Corte di Cassazione, pubblicata lo scorso 26 giugno, conferma l’illegittimità del licenziamento di un dipendente come conseguenza dei controlli sulla posta elettronica aziendale effettuati illecitamente da parte del datore di lavoro per sospetto di infedeltà. Detti controlli non hanno, infatti, rispettato i diritti previsti per il lavoratore.
In particolare, l’azienda ha controllato “indistintamente tutte le comunicazioni presenti nel pc aziendale in uso e senza limiti di tempo dando vita così ad una indagine invasiva massiccia ed indiscriminata non giustificata; non ha “preliminarmente informato il lavoratore della possibilità che le comunicazioni che effettuava sul pc aziendale avrebbero potuto essere monitorate né del carattere e della portata del monitoraggio o del livello di invasività nella sua corrispondenza” e, quindi, non ha ottenuto il consenso necessario per accedere e controllare la posta elettronica.
Il pronunciamento
Nel pronunciamento, la Corte distingue tra (i) i controlli realizzati nel perimetro dell’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori, che riguardano tutti i dipendenti e devono ottenere l’accordo sindacale o l’autorizzazione dell’ispettorato del lavoro e (ii) i controlli difensivi “in senso stretto”, ovvero sui singoli lavoratori.
In merito ai controlli sui singoli lavoratori, si ricorda che sebbene “sono consentiti i controlli anche tecnologici posti in essere dal datore di lavoro finalizzati alla tutela di beni estranei al rapporto di lavoro o ad evitare comportamenti illeciti”, questi dovranno essere svolti sempre “ in presenza di un fondato sospetto circa la commissione di un illecito, purché sia assicurato un corretto bilanciamento tra le esigenze di protezione di interessi e beni aziendali, correlate alla libertà di iniziativa economica, rispetto alle imprescindibili tutele della dignità e della riservatezza del lavoratore, sempre che il controllo riguardi dati acquisiti successivamente all’insorgere del sospetto.
In altre parole, il sospetto deve essere in base a “indizi, materiali e riconoscibili” e il controllo deve avvenire a seguito del comportamento illecito del dipendente, in modo tale che possano essere raccolti informazioni utilizzabili. In questo modo “tale fondato sospetto, consente al datore di lavoro di porre la sua azione al di fuori del perimetro di applicazione diretta dell’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori.”
Il giusto bilanciamento
Infine, la Sezione della Corte di Cassazione ha enumerato gli elementi utili ad orientare il bilanciamento e delimitazione del confine tra l’interesse del lavoratore e l’interesse del datore di lavoro nei casi di questi controlli difensivi “in senso stretto”:
- la valutazione dell’informazione fornita al lavoratore circa la possibilità che il datore di lavoro adotti misure di monitoraggio, con la precisazione che la stessa dovrebbe, in linea di principio, essere chiara sulla natura della sorveglianza ed essere precedente alla sua attuazione, informazione che, come indichiamo, dovrebbe essere inserita in un disciplinare (scarica qui il disciplinare)
- il grado di invasività nella sfera privata dei dipendenti, tenendo conto di diversi fattori come la natura più o meno privata del luogo in cui si svolge il monitoraggio;
- l’esistenza di una giustificazione all’uso della sorveglianza e alla sua estensione con motivi legittimi, con la precisazione che quanto più invadente è la sorveglianza, tanto più gravi sono le giustificazioni richieste;
- la valutazione, in base alle circostanze specifiche di ciascun caso, se lo scopo legittimo perseguito dal datore di lavoro potesse essere raggiunto causando una minore invasione della vita privata del dipendente;
- la verifica di come il datore di lavoro abbia utilizzato i risultati della misura di monitoraggio e se siano serviti per raggiungere lo scopo dichiarato della misura;
- l’offerta di adeguate garanzie al dipendente sul grado di invasività delle misure di sorveglianza, mediante informazioni ai lavoratori interessati o ai rappresentanti del personale circa l’attuazione e l’entità del monitoraggio, dichiarando l’adozione di tale misura a un organismo indipendente o mediante la possibilità di presentare reclamo.