
Diritto all’oblio ed Unione Europea
5 Ottobre 2016
Negli anni si sono succedute varie definizioni, via via attribuite dalla dottrina, al diritto all’oblio. Tale concetto, dopo un periodo durante il quale sembrava essere stato “dimenticato”, è tornato a catalizzare l’attenzione di giuristi e non.
In base alle puntualizzazioni delle più autorevoli dottrine in materia, il diritto all’oblio potrebbe essere agevolmente definito tanto come la naturale conseguenza di una corretta applicazione dei principi che regolano il diritto di cronaca, quanto come uno dei molteplici aspetti in cui si manifesta il diritto alla riservatezza. Esso, in ogni caso, rappresenta, una sorta di «difesa dal ritorno del rimosso».
Il diritto all’oblio, inevitabilmente, si pone in contrapposizione con l’interesse alla conoscenza. Secondo alcuni, esso, se concepito come diritto incondizionato, andrebbe a contrapporsi, con effetti a dir poco disastrosi, allo stesso “diritto alla storia”, poiché, potendo, chiunque avrebbe interesse a non rendere più conoscibili tutte quelle notizie “scomode” che lo riguardano.
Quel che è certo è che il diritto all’oblio è un diritto la cui portata si estende ben oltre i confini della tutela della Privacy, ma che, fino a poco tempo fa, risultava privo di legittimazione nazionale ed europea.
In Europa, esso ha ricominciato a far parlare di sé, soprattutto in conseguenza alla pubblicazione, nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea 4 Maggio 2016 n. 119, del nuovo Regolamento (UE) 2016/679.
La giurisprudenza comunitaria pre-Regolamento…
Nel maggio 2014, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea sancì, in relazione a diritti derivanti dagli artt. 7 (Rispetto della vita privata e della vita familiare) e 8 (Protezione dei dati di carattere personale) della Carta dei diritti fondamentali, il diritto dell’interessato di chiedere che una data informazione, disponibile in rete, non risulti più a disposizione degli utenti. La Corte assegnò una posizione di prevalenza al “diritto ad essere dimenticati” rispetto all’interesse economico del gestore del motore di ricerca, nonché rispetto all’interesse pubblico ad accedere alle informazioni mediante ricerca del nome della persona interessata.
La Corte di Giustizia UE riconobbe, quindi, il diritto ad essere de-indicizzati dal motore di ricerca, imponendo a Google di provvedere alle richieste degli utenti.
… e la giurisprudenza italiana
Con sentenza n. 23771/2015, il Tribunale civile di Roma ha qualificato il diritto all’oblio come peculiare espressione del diritto alla riservatezza e del legittimo interesse di ciascuno a non rimanere indeterminatamente esposto ad una rappresentazione non più attuale della propria persona derivante dalla reiterata pubblicazione di una notizia, con pregiudizio alla propria reputazione e riservatezza. L’interessato ha, dunque, diritto di richiedere al motore di ottenere la cancellazione dei contenuti delle pagine web che offrono una rappresentazione non più attuale della individualità del soggetto.
Dal momento che, però, il diritto alla rimozione delle informazioni dal web deve essere bilanciato con il diritto alla cronaca e con l’interesse pubblico alla conoscenza delle informazioni acquisibili tramite la rete, due sono le condizioni che l’informazione deve possedere perché possa esserne pretesa la cancellazione:
a) Non deve essere recente;
b) Deve avere scarso interesse pubblico.
Il Regolamento comunitario
Il nuovo Regolamento (UE) 2016/679, relativo alla libera circolazione e alla protezione dei dati personali, dedica l’art. 17 (e ben tre consideranda) al diritto all’oblio. In base ad esso, l’interessato ha il diritto di ottenere dal titolare del trattamento la cancellazione dei dati personali che lo riguardano senza ingiustificato ritardo e il titolare del trattamento ha l’obbligo di cancellare senza ingiustificato ritardo i dati personali, altresì elencando i relativi motivi:
(a) I dati personali non sono più necessari rispetto alle finalità per le quali sono stati raccolti o trattati;
(b) L’interessato revoca il consenso su cui si basa il trattamento e non sussiste altro fondamento giuridico per il trattamento;
(c) L’interessato si oppone al trattamento;
(d) I dati personali sono stati trattati illecitamente;
(e) I dati personali devono essere cancellati per adempiere ad un obbligo legale previsto dal diritto dell’Unione o dello Stato membro cui è soggetto il titolare del trattamento;
(f) I dati personali sono stati raccolti relativamente all’offerta di servizi della società dell’informazione.
L’art. 17 specifica, inoltre, che il titolare del trattamento, se ha reso pubblici i dati personali ed è obbligato a cancellarli, tenendo conto della tecnologia disponibile e dei costi di attuazione, deve adottare le misure ragionevoli, anche tecniche, per informare i titolari del trattamento che stanno trattando i dati personali della richiesta dell’interessato di cancellare qualsiasi link, copia o riproduzione dei suoi dati personali.
Margini di discrezionalità
Analizzati i motivi di cui all’art. 17 co. 1, rimane da sottolineare che esiste comunque un margine di discrezionalità, dal momento che il diritto all’oblio non è definito come un diritto assoluto. Esso deve essere messo a confronto con altri diritti della società civile, tra i quali spicca, appunto, il diritto di informazione. Lo spirito del nuovo regolamento consiste, infatti, nel consentire agli interessati di gestire i loro dati personali, proteggendo al contempo il diritto di informazione al pubblico.